Da Chanel a Valentino: la pelle va esibita
Di giorno, sono severe, copertissime, imprigionate nei neri inchiostro. Di sera, diventano peccaminose. Spacchi e scolli salvano le donne dalla cupezza della crisi. Senza mezze misure. Da Chanel lo squarcio dell’abito da cocktail parte dal collo e finisce all’ombelico. Interrotto da una spanna di cucitura sul pube, si riapre dall’inguine all’orlo. Mentre da Valentino - disegnato da Maria Grazia Chiuri e Pier Paolo Piccioli - le essenziali toilette lunghe fino ai piedi hanno pannelli pizzicati su un fianco che scoprono la coscia fino all’attaccatura.
Ci vuole un fisico bestiale? Mica vero. Il fashion system ha imparato ad accettare anche le ciccione. In platea da Lagerfeld ecco le «Stanlio e Olio» della moda, la secca Kate Moss in giacca smoking, senza nulla sotto, saluta con un urletto Beth Ditto, l’ubertosa ventiseienne vocalist dei Gossip. Cento chili fasciati nello stretch, l’icona tatuatissima del mondo omosessuale (lesbica militante) si ispira nell’estetica a Miss Piggy, il maialino dei Muppet. Disinibita e strafottente posa anche nuda sulla copertina di «Love», il magazine dell’Herald Tribune. Le due «prezzemoline» delle sfilate, stasera saranno ospiti da «Fendi ‘0». La discoteca itinerante ricostruita al Vip Room Theatre di rue de Rivoli, dove la Ditto presenterà in anteprima mondiale il suo prossimo album con un concerto per 800 ospiti. Fra cui Lapo Elkann, Bianca Brandolini, Delfina Delettrez, Dasha Zhukova e Julie Depardieu.
Magre o grasse poco importa, sulla passerella dalla doppia «C» certe modelle con i fusò di lana pink hanno gambe più che ben tornite. Il kaiser della moda vede la vita in bianco e nero: abiti, tailleur e mantelli scuri sono accessoriati da polsi a jabot e gorgere candide, togli e metti come i Play Mobile. In testa un cappello a paglietta, qua e là pennellate di rosa e verde speranza (colore molto in auge). Borse? Una, trasparente con scomparti a blister per passare il metal detector senza problemi e trovare in un amen quel che serve (i compratori l’hanno ordinata a manetta). Scarpe? Iperboliche con tacchi interrotti da un anello centrale, slanciano le gambe incorniciate da spacchi a portafoglio, fatti per schiudersi continuamente.
Altro «accessorio», l’uomo oggetto, rappresentato da quattro boys «chanellosi». Il logo resta solo sui bottoni. La parola d’ordine è semplificare, ripulire per vendere. La prendono alla lettera Chiuri e Piccioli restituendo un Valentino minimal, grafico e scolpito. «Un distillato della griffe, senza fiocchi, volant e ruches. Il glamour della maison sta negli abiti dalla modernità rilassata, non nella vita che facciamo noi», dicono i due stilisti che ieri hanno debuttato con il pr^et à porter al Museo dell’Architettura. Location difficile, troppo illuminata, che toglie l’atmosfera magica tipica dei defilè Valentino. Lui è a New York per il lancio nelle sale del film biografico «The last emperor». Bruce Hoeksema (intimo dell’ex clan Valentino) descriverà al sarto le mantelle in visone turchese degradè, le rigide borse duplex in serpente, gli abiti smeraldo solcati da quegli spacchi killer. E gli riferirà anche dell’assoluta mancanza di rosso. La femminilità è nascosta ma strisciante sulle pedane parigine. Trapela da porzioni di pelle esibita, da micro dettagli, come i cuori incatenati che spiccano sulle calzature di Roger Vivier.
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